Beni culturali: un ponte tra memoria e futuro

Il 18 marzo si è fatta memoria dei morti a causa del Covid-19. La giornata è stata istituita per continuare a riconoscere chi non c’è più, per trasformare in un patrimonio comune la loro esperienza. La memoria salva dalla precarietà del mondo. Lo abbiamo visto anche con il terremoto: quando il senso del limite diviene ineludibile e la tragedia dell’esistenza ci sovrasta, si sente il bisogno di trasmettere tra le generazioni scritti, immagini e opere d’arte che conservano la memoria del territorio e dei suoi abitanti.

Per questo compito la Chiesa ha sempre avuto consapevolezza e attenzione. Nel Lazio i beni ecclesiastici contano 180 istituti culturali: 85 biblioteche, 71 archivi, 24 musei. 1612 tra parrocchie ed enti ecclesiali sono proprietari di chiese e immobili e ad oggi sono state censite 137.955 opere d’arte. La tutela, la valorizzazione e la promozione di questo patrimonio, affidata alle 17 diocesi, alle abbazie e ai religiosi per i beni di loro proprietà, non si è fermata durante la pandemia. Il coordinamento è affidato alla Consulta Regionale Beni Culturali ed Edilizia di Culto, che vede di fianco al presidente un incaricato regionale e gli incaricati diocesani: laici e sacerdoti competenti e appassionati che, insieme ai direttori degli istituti culturali, si fanno carico della cura e della conoscenza di questi depositi del pensiero e della fede. Un’attività sostenuta dalla Cei con i fondi provenienti dall’otto per mille alla Chiesa Cattolica, ai quali si affianca la partecipazione delle diocesi, degli enti ecclesiastici e dei fedeli. A queste risorse si aggiungono i contributi nazionali e regionali e di enti pubblici e privati.

In questo campo, una situazione di particolare attenzione è rivolta alle aree colpite dal terremoto. Le diocesi hanno sostanzialmente completato la messa in sicurezza degli edifici ed è in avvio la fase di ricostruzione vera e propria. Quadri, statue, documenti, organi, suppellettili e arredi liturgici sono stati recuperati e sono ora protetti nei depositi in attesa di poter essere restituiti ai luoghi d’origine. «Il patrimonio culturale di interesse religioso è al servizio della missione della Chiesa: le opere d’arte aiutano l’anima a ricercare Dio e possono essere forme di ascesi e di catechesi», spiegava Giovanni Paolo II. Ogni comunità deve continuare l’attività della conoscenza, della conservazione, della tutela e della fruizione del patrimonio culturale, anche nella difficoltà della ricostruzione e della pandemia.

di Mons Domenico Pompili
Vescovo delegato regionale per i beni culturali e l’edilizia di culto
(pubblicato originariamente su «Lazio Sette», supplemento domenicale di «Avvenire», del 21 marzo 2021)